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martedì 11 maggio 2021

Recensione "Pastorale americana" - Philip Roth

Titolo: Pastorale americana
Autore: Philip Roth
Editore: Einaudi 
Collana: super ET
Pagine: 462
Prezzo: € 14,00




Seymour Levov è alto, biondo, atletico: al liceo lo chiamano «lo Svedese». Ebreo benestante e integrato, ciò che pare attenderlo negli anni Cinquanta è una vita di successi professionali e di gioie familiari. Finché le contraddizioni del conflitto in Vietnam, esplose negli Stati Uniti, non coinvolgono anche lui, e nel modo più devastante: attraverso l'adorata figlia Merry, decisa a «portare la guerra in casa». Letteralmente. Ma Pastorale americana non si esaurisce nell'allegoria politica; è un libro sulla vecchiaia, sulla memoria, sull'intollerabilità di certi ricordi. Lo scrittore Nathan Zuckerman, fin dall'adolescenza affascinato dalla vincente solarità dello Svedese, sente la necessità di narrarne la caduta. E ciò che racconta è il rovesciamento della pastorale americana: un grottesco Giudizio Universale in cui i Levov, e i lettori, assistono al crollo dell'utopia dei giusti, al trionfo della rabbia cieca e innata dell'America.


Avendo letto e apprezzato moltissimo La macchia umana di Roth qualche anno fa, non potevo non recuperare il suo romanzo più noto, Pastorale americana, e ora mi sto chiedendo perché mai ho aspettato tanto. È un grande romanzo, importante, coraggioso, intenso e potente. 
Assolutamente da leggere, vi assicuro che non ve lo dimenticherete facilmente.

Seymour Levov è un uomo che agisce per soddisfare le aspettative altrui, obbediente e permissivo, mai violento e sempre pronto a ragionare con pazienza per risolvere ogni conflitto. È un ebreo americano, idolo della sua comunità per il talento nello sport e i tratti ariani che gli valgono il soprannome di Svedese. E così, mentre lo Svedese segna punti su punti, gli ebrei statunitensi si scordano di essere potenziali vittime della guerra in corso, seppellendo i loro morti con il successo sportivo del loro idolo. Con una famiglia benestante, una prospettiva di carriera ricca di successi e una bellissima moglie, niente può presagire la tragedia che lo attende. 
Merry è la figlia balbuziente di Seymour e, al contrario del padre, è una ragazza rabbiosa, politicizzata e ribelle, che passa da un'estremo all'altro e vorrebbe influenzare il corso della storia. Sono infatti gli anni della Guerra del Vietnam quando Merry fa saltare in aria un piccolo ufficio postale, e con esso un uomo che passava di lì per caso, in un inutile atto di protesta contro la guerra. Appena sedicenne, diventa una terrorista latitante, distruggendo così anche la sua famiglia e il loro apparente idillio perfetto.  
Il narratore è lo scrittore Nathan Zuckerman, alter ego dello stesso Philip Roth e compagno di classe del fratello minore di Seymour, Jerry. Jerry è l'esatto opposto del fratello, è aggressivo, vendicativo e senza peli sulla lingua, ma è anche il personaggio alla cui opinione mi sono ritrovata più vicina, nonostante anche la sua visione del mondo sia, secondo me, estrema e limitata.  
È proprio Nathan a narrare e ricostruire, sulla base di sue congetture, la storia della vita di Seymour prima e dopo l'atto terroristico della figlia e a indagarne le possibili cause e conseguenze.  

Terminata la lettura, restano aperti moltissimi interrogativi: Seymour poteva in qualche modo evitare la deriva della sua famiglia? Avrebbe dovuto essere meno concessivo con Merry, o non avrebbe fatto alcuna differenza? E dopo la bomba, avrebbe dovuto denunciare gli indizi che avrà sui suoi spostamenti o lasciarla libera, una ragazzina disturbata e latitante contro i pericoli della vita a cui è andata incontro? 
Il finale non dà una risposta, non dice cosa è giusto o sbagliato, il lettore può solo fare delle ipotesi e questa è una delle cose che più ho apprezzato.  

La scrittura di Roth è piena di ironia tragica, a partire dal titolo: non si tratta infatti di un'idillica pastorale ma della storia di una famiglia devastata. 
Questo romanzo affronta temi come l'integrazione, i conflitti generazionali, il dramma del periodo storico, soprattutto tra la seconda guerra mondiale e i disordini degli anni sessanta, ma anche il tema del ricordo e di quel momento in cui ognuno arriva a tirare le somme della propria vita. Parla del desiderio di far parte del sogno americano e, allo stesso tempo, dell'ipocrisia e dell'illusorietà di quel sogno, mandato in frantumi in questo caso da una bomba piazzata da una sedicenne ossessionata dal Vietnam. 

«Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c'è un senso. E quando capita una cosa simile, la felicità non è più spontanea.»

«Come puoi protestare contro la solitudine? Tutte le campagne di attentati della storia non l'hanno nemmeno scalfita. Il più letale degli esplosivi fatti dall'uomo non la può toccare. Temi e rispetta non il comunismo, stupida figlia mia, ma la comune solitudine quotidiana.»

«L'uomo smania sempre più di far qualcosa proprio quando non gli resta più niente da fare.»


_Lisa_

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