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venerdì 24 marzo 2023

Recensione "The drunk fury - Ascension island" - P. Andrico, P.M. Corbetta + intervista

Titolo: The drunk fury - Ascension Island
Autori: Paolo Andrico, Paolo Maria Corbetta
Editore: Bookabook
Genere: narrativa, avventura
Pagine: 544
Prezzo: 20,00€




1702. Finalmente la Mermaid e la Black Hunter solcano l’oceano verso Tamarit e il Golfo di Guinea: il prigioniero spagnolo deve essere trovato, Sir Regie deve essere convinto a unirsi alla Drunk Fury, ma castelli in fiamme, arrembaggi, battaglie, tifoni, giungle selvagge, vendette feroci e tradimenti attendono le due ciurme. L’obiettivo è ritrovarsi ad Ascension Island, il covo del capitano Vince, ultima tappa prima del viaggio per il tesoro dell’Huascarán, bramato anche dagli spagnoli. 
1718. Jack è ancora in prigione, aggrappato all’ultima lettera di Paul: “Fratello, veniamo a prenderti”. Queste sono le parole che lo salvano dalla follia e dalla disperazione; tuttavia, ancora non sa che le loro missive hanno messo in moto eventi che non possono controllare: Nassau e i Caraibi sono pronti a esplodere, e Charles Vane, Barbanera, Calico Jack, Anne Bonny e Mary Read non intendono rimanere esclusi.


⚠ Ascension Island è il secondo volume della trilogia The Drunk Fury, se vi siete persi/e il primo potete trovare la recensione sul nostro blog: La nascita della fratellanza

Dato che il primo volume mi era piaciuto molto, avevo ottime aspettative anche su questa nuova lettura, e sono state tutte più che soddisfatte! 
Molto utile il breve riepilogo iniziale per riprendere il filo delle vicende. A fine libro invece ci sono le biografie di alcuni personaggi, che hanno esaudito la mia curiosità sul loro passato (in particolare quello di Chepi), e dei bellissimi ritratti. 

In questo libro ritroviamo i nostri personaggi esattamente dove li avevamo lasciati alla fine del primo volume. Eravamo rimasti nel 1718 con Jack prigioniero a Nassau, dove Paul si sta dirigendo per liberarlo insieme a un gruppo di bandidos e a temibili pirati unitisi alla causa. Nel mentre, continua anche il racconto delle gesta della fratellanza nel 1702, quando le due fregate, la Mermaid e la Black Hunter, partono per le rispettive missioni con il fine di ottenere l'oro dell'Huascarán per finanziare la rivoluzione. 

«Nessuno dovrebbe essere schiavo di altri, non è così che siamo stati creati. Ogni uomo e ogni donna meritano la libertà, ma per arrivarci spesso bisogna combattere. Combattere e studiare, perché solo in questo modo si può uscire dall'ignoranza e dalla servitù.»

Oltre ai protagonisti, ritroviamo quindi anche la narrazione su due piani temporali e l'alternanza tra il racconto e le missive, con cui Jack e Paul si tengono in contatto e con le quali portano avanti la loro missione di tramandare ai posteri la storia della Drunk Fury. 
Ci sono però anche nuovi personaggi, e figure che abbiamo già conosciuto qui hanno maggior rilievo. Una novità importante che arricchisce la vicenda di mistero e leggende è la presenza di un non-morto, un'anima malvagia, soprannaturale o solo tremendamente deviata (questo starà a voi deciderlo!).

Ci saranno tradimenti, nuove alleanze, evasioni, parentele inaspettate, caccia alle balene. È una novità anche parte dell'ambientazione, nell'Africa occidentale, con i suoi pericoli sconosciuti.
Non manca la violenza in battaglia, soprattutto verso i nemici spagnoli, ma si parla anche dell'avidità dell'uomo bianco colonizzatore nei confronti delle tribù native.
Insomma, i nostri pirati non sono certo ritratti come dei santi o degli eroi, ma la Drunk Fury è fatta di combattenti che vogliono battersi per la libertà degli oppressi. Libertà che si può ottenere con la lama e la pistola, ma solo se accompagnate dall'istruzione. 
La Drunk Fury è la fiamma rivoluzionaria di una pirateria romantica, idealista forse, ma pronta a realizzare i propri sogni ad ogni costo.

«Siamo noi pirati contro il mondo intero, in questo fazzoletto che è il Mar dei Caraibi: navighiamo, ma le acque sembrano restringersi intorno alle nostre navi; sbarchiamo e festeggiamo, ma il numero dei porti amici si assottiglia di mese in mese; [...] Corriamo contro un maelstrom pronto a inghiottirci, un pirata dopo l'altro, e nessuna cima è tesa per aiutarci.»

Ho trovato questo volume molto scorrevole e ancora più avvincente del primo, che pure mi era davvero piaciuto. L'ho trovato ancora più avventuroso, con un ritmo più serrato e con maggiore azione rispetto al precedente.  
Apprezzo tanto l'inserimento dei dialoghi parzialmente in lingua, spagnola o francese, e anche i riferimenti storici, come il personaggio di Walter Raleigh, e culturali, come El Dorado.

Non fatevi spaventare dal numero di pagine: si legge velocemente ed è coinvolgente, riesce a trascinare il lettore in poetici ricordi pirateschi tanto quanto negli scontri implacabili tra gli equipaggi di due imbarcazioni nemiche. 
Infatti non vedo l'ora che esca il terzo libro! Per ora faccio i miei complimenti ai due autori e li ringrazio per questa bella avventura. 
Una lettura che vi consiglio sicuramente, l'ho adorata.

«Pensa che bella figura che faremo: guerriglieri, sbandati, rinnegati, trapper, principesse, pirati e balenieri. Un'accozzaglia di pazzi romantici, sciabole e fucili. Dio ci sorriderà dal cielo, tenente, e la Luna ci proteggerà.»



Paolo Andrico nasce a Milano nel 1991. Laureato in Lettere all’Università degli Studi di Milano, si appassiona di letteratura latina medievale. Oggi si occupa di editoria e comunicazione. I suoi punti di riferimento sono J. R. R. Tolkien, Herman Melville e… Vinicio Capossela. La scrittura rappresenta la sua personale caccia al Grande Leviatano.

Paolo Maria Corbetta nasce a Milano nel 1992. Fra Milano, Londra e Ginevra per lavoro e università, oggi si occupa di consulenza a Roma. Appassionato di fantasy e pirateria, fra i suoi modelli annovera Tolkien, Guareschi, Dumas, Dostoevskij e Van De Sfroos. La scrittura è la sua chiave per decifrare la realtà fra verità e fantasia.



INTERVISTA

E ora abbiamo una sorpresa: un'intervista agli autori! Li ringraziamo entrambi per la disponibilità e la gentilezza e speriamo che questo piccolo approfondimento vi incuriosisca ancora di più o vi faccia apprezzare ancora meglio la lettura di The Drunk Fury. Non ci resta che lasciare la parola a Paolo Andrico e Paolo Maria Corbetta...
💬Da dove nasce l'idea di scrivere questo romanzo piratesco? Eravate già appassionati del genere o è stata una sorpresa?

PC: L’idea della Drunk Fury è nata a luglio 2017, quando io lavoravo a Ginevra e Paolo a Milano. Eravamo amici da tempo, ci eravamo conosciuti perché la sua ragazza era mia compagna di classe al liceo, ed entrambi eravamo già appassionati di pirateria. Io comprai un saggio – “Pirati. Dall’Olonese a Barbanera” – di Mario Monti (solo un caso di omonimia…) e gli mandai una foto chiedendogli se lo avesse letto. Mi rispose con un selfie molto simpatico e leggermente imbarazzante che non abbiamo mai reso pubblico, e alla fine decidemmo di provare a scrivere un racconto piratesco a quattro mani. Tornai un weekend da Ginevra e, in un torrido sabato pomeriggio di luglio, grazie a una bottiglia di rum l’idea del racconto si trasformò nella Drunk Fury. 

PA: Come ha detto Paolo, l’idea è nata nel 2017 da alcune passioni che abbiamo in comune: la lettura, la scrittura e… il rum. In particolare, in quel periodo eravamo in fissa con i saggi storici sulla pirateria, e continuavamo a scambiarci opinioni e consigli; ma siamo amanti di questo genere in toto: dai romanzi di Salgari, alla saga cinematografica “Pirati dei Caraibi”, fino ai classici “sea shanties”, le canzoni che i marinai cantavano a bordo dei vascelli. Da qui la folle proposta di scrivere un romanzo a quattro mani proprio su questo tema. Ma amiamo anche altri generi, dal gotico al fantasy.

💬E la decisione di scrivere a quattro mani? Avete incontrato divergenze o vi siete sempre trovati in sintonia nelle scelte lungo il percorso di scrittura?

PA: La decisione di scrivere a quattro mani nasce dalla nostra amicizia, e dalla voglia di imbarcarci in questa avventura insieme. Si pensa sempre che la stesura di un romanzo sia un atto esclusivamente individuale (e lo è nel momento in cui scrivi la tua parte), ma la condivisione è sicuramente la parte più bella di questa esperienza. Ci siamo divisi la narrazione attraverso due alter ego che si inviano lettere e racconti e, sebbene la trama sia nota a entrambi, ogni volta è una scoperta. Ed è bello vedere come i nostri stili si intreccino durante il racconto. Divergenze vere non ne abbiamo mai avute, al massimo confronti e scambi di vedute; ma in linea di massima siamo sempre andati d’accordo senza mai litigare (o venire alle mani come i pirati). E oramai siamo due scrittori navigati.

PC: Volevamo scrivere insieme ma senza sacrificare le nostre individualità e i nostri stili e, pertanto, l’idea di scrivere a quattro mani è venuta fuori da sola. Grande idea, comunque, almeno secondo noi!
Rispetto alle divergenze, Paolo e io in realtà funzioniamo molto bene: certo, qualche volta abbiamo idee differenti, ma possiamo vantarci di non avere mai litigato (fino ad adesso) e di esserci sempre trovati, bene o male, sulla stessa lunghezza d’onda. Come in una coppia, comunicare e sapere che l’altro è una persona diversa da sé aiuta moltissimo a depotenziare qualsivoglia problema. E poi, si sa, il rum unisce i popoli.


💬Avete un personaggio che vi sta particolarmente a cuore oppure un episodio della storia che considerate il vostro preferito? 

PC: Con questa domanda aprite un mondo! Sui personaggi, sono particolarmente legato a Chepi e a Marcelo. La prima è una nativa nordamericana, fiera e con una storia molto travagliata alle spalle, che mi ricorda diverse donne che ho conosciuto nella mia vita, nonché molteplici figure che possiamo vedere quotidianamente: le soldatesse ucraine, le guerrigliere curde, le miliziane yazide, etc. Sarebbe un bel discorso da approfondire, ma non è questa la sede appropriata. Poi c’è Marcelo, il soldato rinnegato, una figura quasi tragica nel suo percorso, che sceglie di dedicarsi anima e corpo alla rivoluzionaria che guida la Drunk Fury.
Vi consiglio di leggere soprattutto le loro biografie in “Ascension Island”, per me sono pazzesche, anche se sono di parte.

PA: Per quanto mi riguarda, oltre a Jack (il mio alter ego), sono molto legato a suo zio John, un vecchio baleniere pirata divertente, burbero e incontrollabile. Una delle mie scene preferite è nel primo capitolo, quando i protagonisti della vicenda si trovano a cospirare in una vecchia locanda di Cartagena. E dove zio John non manca di intrattenersi con una delle cameriere del locale.

💬Paul e Jack in particolare sono personaggi nati dall'immaginazione o avete preso spunto da persone reali? Vi rispecchiate nei vostri protagonisti? 

PA: C’è sicuramente un po’ di noi nei nostri alter ego, del nostro vissuto e di quello che avremmo voluto fare se fossimo stati dei pirati del XVIII secolo (con un po’ di fantasia, ovviamente). Ci sono poi anche le diverse influenze letterarie e cinematografiche che ci hanno aiutati a costruire i personaggi. Nel mio caso c’è sicuramente un po’ di Jack Sparrow (il nome Jack non è un caso, “comprendi”?).

PC: Posso rispondervi per Paul. È un personaggio di fantasia, ma in lui si possono vedere riflesse altre persone. C’è un po’ di me, chiaramente, però ci sono in parte anche figure storiche ben più rilevanti. Paul è un fervente sostenitore della democrazia, della libertà, della giustizia sociale, non in maniera filosofica o aleatoria ma molto concretamente, nella vita quotidiana. Come lo erano i pirati, anche se i più non ne erano consci. 

💬Firmereste il contratto di ingaggio stilato nel primo volume? La vita per mare farebbe per voi?

PC: Massì dai, è un bel contratto, sicuramente migliore di quelli che si vedono offerti oggigiorno tanti giovani in Italia. Non ho mai vissuto in mare, anche se lo trovo estremamente affascinante, bellissimo e talvolta spaventoso; sarebbe una vita interessante, anche se si tratterebbe di una scelta un po’ radicale.

PA: Il contratto lo abbiamo creato proprio sulla base dei veri contratti che venivano stilati sulle navi pirata, è stato molto divertente. Io l’ho firmato sulla mia copia, quindi sono a tutti gli effetti arruolato. E sì, credo che mi sarei trovato bene in mezzo a quella ciurma di canaglie.

💬Raccontateci una curiosità o un aneddoto, anche divertente, legati al libro o alla sua stesura!

PA: Di aneddoti ce ne sarebbero a dozzine. Per citarne uno, mi piace ricordare quella sera che, per prendere l’ispirazione utile alla stesura di un episodio in cui appaiono degli spiriti con voci di sirene, mi sono scolato tre birre. Devo dire che l’effetto è stato molto convincente. In questo senso, penso di aver preso ispirazione da una canzone di Vinicio Capossela intitolata proprio Le Sirene, che cita: “Le sirene sono una notte di birra, e non viene più l’alba”. In generale anche la musica ha un ruolo fondamentale nella nostra scrittura: un buon sottofondo musicale può essere la base perfetta per trovare il mood del racconto.

PC: Ne abbiamo tantissimi, ma fanno più ridere dal vivo che per iscritto. Detto ciò, per scrivere un pezzo molto inquietante – l’episodio in cui incontrano Sir Regie in “Ascension Island” – mi ero chiuso in taverna al lago, al buio, di notte, con il Requiem di Mozart nelle cuffie e il rum in mano. A un certo punto ero così suggestionato che mi sono fatto ansia da solo e ammetto che sono scappato di sopra. Mi ha confortato sapere che anche Paolo ha provato la stessa inquietudine quando gli ho inviato quel pezzo.

💬Cosa vi spinge a scrivere? È sempre stata una passione? Cosa vorreste trasmettere?

PC: Scrivo da quando ne ho memoria, è sempre stata una mia passione, e il mio primo amore rimane il fantasy. Quando non trovavo un libro che mi piacesse abbastanza, mi mettevo a scrivere una storia mia. Ho sempre scritto, fondamentalmente, per me: da un lato, era un mezzo di evasione dalla realtà; dall’altro, mi ha sempre aiutato a calmarmi e a mettere in fila i miei pensieri, le mie emozioni, come vedo il mondo.
Con la Drunk Fury, però, abbiamo un grande desiderio: scrivere qualcosa di Bello – con la “b” maiuscola, sì – innanzitutto per noi, però anche per chi ci legge, per fare divertire, per trasmettere valori per noi importanti, per dare speranza. Poi si vedrà se ci riusciremo o meno, ma già la comunità che abbiamo creato in questi anni, da chi ci aiuta in tanti modi a chi partecipa ai nostri eventi e ci sostiene con così tanto calore, ci fa ben pensare, ecco. 

PA: Nasce tutto dalla passione. Prima di iniziare questo romanzo, entrambi eravamo appassionati degli stessi generi, e avevamo scritto diversi racconti, nel mio caso fantasy o legati ai viaggi per mare. In un mondo in cui ormai scriviamo esclusivamente email, messaggi su Whatsapp e didascalie nei post sui social, è quasi rivoluzionario prendersi il tempo per scrivere un romanzo (anzi, una trilogia!). Ci piacerebbe trasmettere la nostra voglia di leggere e, perché no, di scrivere e creare un proprio universo con la scrittura. Tra gli autori di ogni epoca esiste una sorta di passaggio di testimone che ci si tramanda da un libro all’altro, ognuno aggiungendo qualcosa di personale e attingendo dagli altri. O almeno così è come la vedo io.

💬C’è uno scrittore che prendete a modello? Il vostro libro preferito? 

PA: I miei due maestri sono Melville e Tolkien. Non passa un anno che io non rilegga interamente o anche solo parte dei loro romanzi. Quando torno a Nantucket, a bordo del Pequod o nella Terra di Mezzo è come tornare a casa. Se devo scegliere un libro preferito dico “Moby Dick”, e la caccia alle balene è uno dei temi che si intrecciano con la pirateria nei nostri romanzi.

PC: Partiamo dal libro preferito, che comunque sono quattro, a parimerito e ognuno per ragioni diverse: “Il Signore degli Anelli”, “Il Conte di Montecristo”, “Il Piccolo Principe”, “Il Maestro e Margherita”. Quattro letture per me essenziali. Mi piacciono diversi stili di scrittura ma non mi azzarderei a dire che prendo qualcuno a modello, mi sembrerebbe un po’ arrogante. 

💬Come consiglierebbe un pirata/una piratessa della Drunk Fury questa saga ai lettori odierni? 

PC: “Il mondo bruciava, e il cappio degli Stati si stringeva intorno agli abitanti delle colonie e ai pirati. Una principessa ci offrì prede e denari per aiutarla a salvare il suo popolo, e finì per salvare anche noi. La nostra è una storia di sangue, rum, lame spezzate, velieri e maledizioni, amore, fratellanza, guerra. Ma, soprattutto, è una storia di libertà, morte e redenzione.” Un po’ altisonante, eh? 
Questo è il livello letterario, anche se forse Paul parlerebbe così. Probabilmente, se fossero esistiti realmente avrebbero detto: “Ci hanno pagato per tagliare gole e sopravvivere agli Stati, alla fine siamo diventati rivoluzionari perché ci siamo accorti che eravamo trattati peggio dei cani. Abbiamo bevuto, ucciso e saccheggiato, ma meglio morire così che vivere come volevano imporci. Siamo stati la rivoluzione, e finisce sempre in rivoluzione quando si viene schiacciati. E poi siamo pirati: ci hanno sfidati, e noi abbiamo dichiarato guerra al mondo intero.” 

PA: Per quanto mi riguarda, Jack e suo zio John gli direbbero che il nostro libro è meglio di una bevuta del miglior rum! Ma una cosa non esclude l’altra. Anzi, tra gli effetti collaterali dei nostri libri c’è proprio questo: la costante sensazione di gola arsa…

💬Se si può domandare, avete in mente altri progetti futuri o per il momento siete concentrati sul capitolo seguente della Drunk Fury?

PC: Certamente abbiamo in mente altri progetti! Prima di tutto, però, dobbiamo concentrarci sul terzo romanzo della Drunk Fury, altrimenti la nostra editor ci sgrida. Quando avremo finito, ci sarà spazio per altre storie, anche su generi differenti.

PA: Confermo, al momento siamo concentrati sul terzo e conclusivo capitolo della saga. Ma non neghiamo di avere in mente diversi altri progetti. Ma questa è un’altra storia. Per ora restiamo a bordo, sventolando il nostro Jolly Roger e alzando i calici. Yo-oh!



_Lisa_

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