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lunedì 22 marzo 2021

Recensione "Il volto ritrovato" - Wajdi Mouawad

Titolo: Il volto ritrovato
Autore: Wajdi Mouawad
Editore: Fazi editore 
Collana: Le strade 
Pagine: 232
Prezzo: € 17,00




Un commando dà fuoco a un autobus, le lamiere si arroventano, la pelle dei passeggeri cola via e una donna dal volto velato e dagli arti di legno, nata da quelle fiamme, divora la testa di un ragazzino. Testimone di questa scena è Wahab, un bambino libanese che ha appena compiuto sette anni e che di lì a poco abbandona la sua casa. Si trasferisce in «un paese lontano e piovoso», dove la vita trascorre normalmente fino al suo quattordicesimo compleanno, un giorno molto importante per lui: Wahab improvvisamente non riconosce più i volti della sorella e della madre, per lui sono due estranee. Il tempo si inceppa, entra in una linea d'ombra nella quale tutto si disgrega e si sfalda, come i corpi che da piccolo ha visto sciogliersi nell'attentato terroristico in Libano. Wahab teme d'essere impazzito e decide di scappare di casa. È l'inizio di un viaggio, di formazione e onirico insieme, durante il quale incontrerà un mendicante che gli donerà la parola "pervinca", scoprirà che l'unica cosa che può sconfiggere una paura infantile è un'altra paura infantile e, infine, giungerà in un atelier dove, diciannovenne, attraverso la pittura cercherà di riappropriarsi del volto della madre. 
I grandi temi di questo libro sono il tempo, la memoria, la solitudine e il trauma della guerra. 
Nella sua patria, il Libano, Wahab ha assistito a un attentato terroristico e dalle fiamme è emersa la sua paura, incarnata in una donna dagli arti di legno. Pur trasferendosi con la famiglia per sfuggire alla guerra e alla distruzione, quel terrore infantile represso continuerà a perseguitarlo. 
Quando compie quattordici anni, improvvisamente Wahab non riconosce più l'aspetto della madre e della sorella, ma nessun altro sembra essersi reso conto del cambiamento. È una metamorfosi? Pazzia? O solo la fervida fantasia di un ragazzino?  

«Soltanto una paura infantile può sconfiggere un'altra paura infantile»

La realtà si confonde con l'immaginazione e con il sogno, e i confini dell'identità dei personaggi si fanno sempre più indistinti, confusi. 
È anche una storia di ricerca del proprio io, un viaggio di crescita, una fuga che permetterà al protagonista di affrontare la sua paura più profonda (che io ho identificato come la perdita, la morte, ma potrei sbagliarmi e penso che il libro lasci spazio a molte interpretazioni differenti a tal proposito).
Ho trovato originale anche la prospettiva del narratore, che inizia con un'apparentemente bizzarro bambino di quattro anni per poi fare veloci salti temporali fino all'adolescenza. 
La scrittura di Mouawad è evocativa e dà alle vicende un'atmosfera molto particolare e imprevedibile. Personalmente, mi ha ricordato molto il perturbante dei racconti notturni di E.T.A. Hoffmann, un autore del romanticismo tedesco. 
Non è sicuramente una lettura facile né superficiale, e tutt'ora non sono affatto sicura di averne compreso appieno tutte le sfumature. È invece una lacerante ricerca nella propria interiorità, un'esperienza onirica e a tratti angosciante. 

«I mitra crepitano, il clacson piange, il fuoco inghiotte tutto e nel bagliore delle fiamme, dentro la carcassa rosseggiante dell'autobus, intravedo la silhouette di una donna vestita di nero che avanza verso il mio amico. Ha le mani e le braccia di legno, il volto velato. Quella donna, prima, non esisteva per nessuno. Non aveva né corpo, né anima, niente. È nata dal fuoco, e adesso è lì, la vedo, la vedo afferrare il mio amico alla gola, la vedo torcergli il collo, staccargli la testa, portarsela alla bocca e divorarla. [...] Non c'è più niente, niente più luce, niente più bellezza.»


_Lisa_

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